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mercoledì 29 giugno 2011

365 fucili, un Presidente, e il Re dei Re


365 fucili, un Presidente, e il Re dei Re
Eccoci!
In questi giorni sono successe parecchie cose interessanti, qui a Bozoum, Repubblica Centrafricana.
365 fucili
Sabato 25 giugno sono stato invitato a Bocaranga per una cerimonia molto importante: l’inizio del disarmo dei ribelli. Ero insieme a P.Valentino, un frate cappuccino che lavora da anni a Ngaoundaye, a 215 km a Nord di Bozoum. Le nostre zone sono purtroppo infestate da banditi e ribelli. Per fortuna i banditi non ci sono più, mentre i ribelli sono molto numerosi. In teoria vorrebbero che il paese si sviluppasse, liberandosi dal potere politico attualmente al governo. Però la realtà è molto diversa: rubano, uccidono, attaccano la popolazione e le autorità…
Durante questi anni la Chiesa è sempre stata presente, ed abbiamo sempre cercato di favorire un minimo di dialogo tra i ribelli, il governo e la popolazione, riuscendo cosi a diminuire gli episodi di violenza contro la nostra gente.
Questi sforzi, insieme al lavoro di esperti internazionali, ha permesso di arrivare al disarmo: dopo aver siglato degli accordi tra ribelli e governo, adesso è il momento di ritirare le armi e di creare un futuro per i tanti che hanno scelto la ribellione. Si tratta di persone molto giovani (16, 18 anni) che sono entrati a far parte dei ribelli per vari motivi: alcuni più idealisti, per cambiare il paese, e tanti che invece hanno trovato il modo di vivere di violenza e furti…
Sabato c’è stata dunque una cerimonia nella quale 365 ribelli hanno deposto le armi, e iniziato il cammino di reinserimento nella società (con formazioni al commercio, all’agricoltura e ad altri lavori).
Un Presidente
La cerimonia è stata presenziata dal Presidente della Repubblica, François Bozize. Appena finita la festa, abbiamo potuto incontrare il Presidente, e dopo averlo ringraziato per l’iniziativa, abbiamo potuto esprimergli le preoccupazioni sul paese, sul disarmo e sui problemi della gente. È stato un incontro breve, ma molto intenso.
Speriamo proprio che, di fronte alla tensione che sale nel paese, il Governo possa agire concretamente e rapidamente per garantire a tutti l’accesso all’educazione, alla sanità, ad un minimo di condizioni di vita accettabili.
Il Re dei Re
Ieri, domenica, ho vissuto un’altra esperienza ancora più interessante. Sono andato a celebrare la Messa a Bara, un villaggio che è difficilmente raggiungibile. Dopo 2 ore e mezza di macchina (e per percorrere gli ultimi 8 km mi ci sono voluti 40 minuti…) e 40 minuti a piedi sono arrivato a Bara. Il villaggio è abbastanza grande. All’inizio le case erano chiuse e vuote. Pensavo che la gente se ne fosse andata nei campi. Sono arrivato poi alla scuola in paglia, e poi alla chiesetta, sempre in paglia. E qui… sorpresa! Quasi tutto il villaggio era là: oltre 200 persone che cantavano contente perché il Padre è arrivato!
Dopo le Confessioni, abbiamo celebrato la Messa. E anche 8 battesimi di ragazzi e ragazze del villaggio.
È impressionante vedere la gioia di questa gente: adulti, anziani, giovani, bambini e bambine… tutti a cantare, danzare, battere le mani, pregare in silenzio, adorare…
E mentre celebravo l’Eucarestia, pensavo a com’è grande e com’è buono Dio, che viene e fa di questa capanna una Cattedrale, che fa dei nostri cuori una reggia. Ieri c’era il Presidente della Repubblica, ma oggi c’è il Re dei Re, Gesù, che ancora una volta si fa pane e vino per la nostra fame e sete!
Finita la Messa, grande festa con danze e canti in tutto il villaggio. Mi hanno offerto il pranzo (manioca e carne -non so ancora se si trattava di una specie di iguana, o di qualcos’altro…).
Poi, accompagnati dai bambini del villaggio, siamo ripartiti, tra canti e danze…
Una magnifica festa del Corpus Domini… 



sabato 25 giugno 2011

Qualcosa di bello

All'inizio degli anni '80, il giornalista e scrittore Giorgio Torelli, allora inviato speciale de Il Giornale di Indro Montanelli, per due anni si trovò a commentare per il quotidiano milanese il Vangelo della domenica.
Ecco quello della festa di domani,il Corpus Domini.

SS. CORPO E SANGUE DI CRISTO


In quel tempo, Gesù disse alle folle dei Giudei:


«Io sono il pane vivo disceso dal cielo.
Se uno mangia di questo pane, vivrà in eterno
e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

(Giovanni 6,51-58)


Sto radendomi allo specchio del bagno – guardo negli occhi un’immagine che mi fissa –, e le campane della parrocchia si slacciano per ronzii sovrapposti. Vengono avanti ad onde, concertano per lunghe volute sul giro dei vecchi tetti milanesi, insistono nell’aria del mattino che s’è già intrisa di luce.


Dovrò affrettarmi e sortire dalla contemplazione dei piccoli pensieri in divenire. Manca un quarto d’ora alla Messa e non potrei immaginare il giorno di festa – è una domenica di ore già sfiancate – senza ripetere i gesti di una vita: andare, traversare due strade, associarmi alla penombra della chiesa, rivedere simboli e colori, esserci per libera scelta mentre il mistero si riprodurrà e io ne sarò partecipe per come a un uomo è consentito.

Nel mio vivere, diretto al delta, sono tanti e continuati i pensieri attorno alla magnitudine di Dio: gli giro attorno dal basso; spedisco segnali senza neppure il contenuto delle parole; mi sento le spalle osservate e mai premute; spingo me stesso il più in alto possibile e poi riprendo le incombenze consuete, il riprodursi delle azioni, la ruota delle ore. Comprendo che nulla, di quanto considero e sperimento nell’arco di un giorno e poi nel buio – così abitato – della notte, va esente dalla presenza discretissima di Dio. Non me lo sento addosso, e neanche intuisco – sembrerebbe facile – quale possa essere la sua opinione su questo mio vivere confuso, sovrapposto, mai snudato come nei più bei sogni. Insisto a fidarmi della sua sopportazione. Talora, cerco di mimetizzarmi senza riuscirci: rieccolo il Signore, sembra tenere il mento sul palmo della mano.

Lo dico per dire, non riesco certo a immaginare il sembiante di Dio e tuttavia ho bisogno di sistemarlo come fisionomia: posso mai parlarmi con chi non ha faccia, né occhi e neanche alcuna somiglianza con le pitture? E se ce l’avesse?


Mi accorgo di non sapere nulla, solo il mio credere. E di voler preservarlo e crescerlo per come i trasalimenti della vita, il toccare con mano quello che mi sembrasse inalienabile, hanno provveduto a insegnarmi: tutto è stato fatica e liberazione.

Per questo, la campana parla. E non m’importa se il segnale è un artificio. La parrocchia non ha campanile, i sacri bronzi – parole che sentimmo – sono registrati su nastro e poi allargati da un altoparlante. C’è chi protesta: troppa irruzione del suono. C’è chi rammenta le ragioni del cielo e non le disconosce.


Ormai sono rasato. Accentuo il passo per arrivare in tempo, entro in chiesa da una porta laterale e resto sul fondo: i primi banchi m’imbarazzano, penso sempre che dovrebbero essere riservati ai santi, ce ne sono ancora tanti, le campane non risuonano nel vuoto.


Comincia la Messa, le voci leggono il Meglio che è stato scritto per l’uomo, il prete predica le gesta di Cristo, un bambino rifà la corsetta fra sua madre e il punto – stupendo ai suoi occhi incantati – dove ardono le candele e si consumano quanto i nostri percorsi verso il vero e il giusto. Viene in fretta il momento della consacrazione e faccio quel che da sempre mi sono proposto: piego il ginocchio perché mi costa, e resto immobile.


Vorrei offrire a quanto d’immenso si sta producendo – Cristo fra noi – almeno lo smarrimento della pochezza, l’incapacità di stupirmi fino a sbalordire e fremere, la mancata risposta a una presenza così suprema da dovermi sopraffare. E, invece, sono arruffato, la mente che fatica a concentrarsi, la rotula sul freddo del pavimento, l’occhio inteso a chiudersi o si distrarrebbe al primo pretesto.


È una vita che vedo (ho detto: vedo) l’ostia e il vino diventare il corpo e il sangue di chi mi sta più a cuore, e tuttavia sono sempre nessuno. Non ho compiuto che pochi passi e mi sono consegnato all’evidenza di Dio sillabando piccole parole. Forse, ho preso tutto in confidenza e punto sulla pazienza di Dio come ho contato sull’indulgenza di mio padre. Dicevo: il mio vecchio capirà. E, adesso, dico: “Sto arrivando, Signore. Sono in corsa”.


Il vino diventa sangue. E ci crediamo, o non saremmo tutti muti e addossati in una chiesa piccola, senza storia che non sia il servizio dell’uomo, l’abside affrescata d’azzurro per significare un Assoluto popolare, a larghe pennellate.


Adesso sono in fila coi miei, credo di potermi comunicare, in qualche modo ho tenuto la strada del Vangelo. Resto un gran dilettante, ma nulla mi sarà negato: l’ostia sa di niente, e mi rapprendo per l’enormità di quanto insiste ad accadermi. Sono colmo di Dio e non credo neppure di dover dire parole che, del resto, gli sono note prima ancora che io riesca a formularle. Non ho doni, né fatti, né primizie, né grandi novità e neanche progetti risolutivi: resto un uomo con la sua storia accidentata.

Dio mi abita, e quel che appare incredibile è che si contenta: gli vado bene per il gomitolo che sono. Ho un bell’appartarmi con la schiena appoggiata a un muro e restringere i pensieri per dedicarmi a lui. Più che tanto non riesco a tributare, mi offro a mani basse, finisco per dedicargli il silenzio. Come se dicessi: “Eccomi, non ho nulla degno di un Dio e tu dovresti lasciarmi se sei così grande”.

Non sono mai stato lasciato. Esco di chiesa adagio, ritrovo il sole e sento sul viso un sorriso assorto.

giovedì 23 giugno 2011

La musica più bella...

La musica più bella: i bambini che escono da scuola!
Non so voi, ma a me, dopo la musica del caffè che esce dalla caffettiera, quella che piace di più è la musica degli alunni in ricreazione, seguita subito dopo dalla musica di quando escono da scuola!
Ci sembra tanto normale che i bambini vadano a scuola (e penso che molti ne siano anche stufi… soprattutto alla fine dell’anno scolastico), ma non ci rendiamo conto che è una grande opportunità, che non tutti i bambini hanno. Qui in Centrafrica, per esempio, nei villaggi un po’ lontani dalle città solo la metà dei bambini frequenta la scuola. E meno di un terzo arriva alla fine delle scuole elementari. Solo un bambino su sei ha la speranza di iscriversi alle scuole medie. Ci sono classi con un centinaio di alunni… spesso seduti per terra…
Ma… dove siamo?
Forse è meglio che mi presenti! Sono p.Aurelio, carmelitano, parroco e missionario a Bozoum, in Repubblica Centrafricana.
E dove sarebbe sto Centrafrica? Una caramella a chi lo sa! Non è difficile! Lo dice il nome: al centro dell’Africa: tra il Cameroun, il Congo, il Sudan e il Ciad.
Un paese bellissimo, ma è un po’ isolato, e dove la vita è molto fragile. Malattie, povertà e guerre sono causa e conseguenza di tante morti. Su 10 bambini che nascono, almeno 2 non arriveranno ai 5 anni di vita…
Nato in Italia (a Cuneo), da una ventina d’anni vivo a Bozoum, una cittadina di 18 mila abitanti, verso il Nord del paese.
Nella nostra Missione ogni giorno ho la gioia di assistere a un grande concerto: circa un migliaio di bambini e bambine vengono qui per la scuola, gioco, catechismo, salute e altro!
Abbiamo qui un asilo, una scuola elementare e una scuola media. E c’è anche un Centro di accoglienza per gli orfani, che dopo la scuola vengono qui, dove ricevono un pasto, ma soprattutto ricevono amore e amicizia da tante persone, che li aiutano a giocare, studiare, disegnare, e anche ad imparare qualche lavoretto che, quando saranno grandi, potrà aiutarli a guadagnarsi da vivere. E se qualcuno sta male, niente paura: un piccolo dispensario può accogliere e curare le varie malattie (malaria, ferite e altro).

E tutto questo perché? Perché Dio ha il cuore grande, e fa di tutto perché ogni uomo possa vivere nella speranza e nella gioia. E anche perché tanti, grandi e piccoli, sono contenti di aiutare qualcuno che ha più bisogno.
Se ti ricordi, questa sera, dì una preghiera anche per qualcuno dei bambini di Bozoum!
(questo articolo è stato pubblicato su Avvenire, nell'inserto POPOTUS)

domenica 12 giugno 2011

gli esami non finiscono mai, o quasi...

Giugno è il mese degli esami, anche per il Centrafrica.
L'ordinamento scolastico è un po' una copia di quello francese: 6 anni di scuola elementare (con l'esame CEF 1 alla fine), 4 anni di medie-superiori (con il B.C., Brevet des Collège, alla fine) e 3 anni di liceo (con il BAC , esame che corrisponde alla Maturità).

Il nostro Collège (Scuola Media) St.Augustin di Bozoum è arrivato quest'anno a sfornare la prima promozione del B.C.
E' un esame che corrisponde in parte alla Licenza Media, ma che lo superà perchè qui gli anni scolastici sono già 10, contro gli otto in Italia (Elementari e Medie).
E' un esame importante, che apre le porte al Liceo.

L'eame si svolge al Liceo di Stato. Le prove sono preparate dal Ministero dell'Educazione, che le manda ai vari centri di esame.
Le prove si svolgono su tre grionate: una mattinata per la ginnastica, e due giorni per le prove scritte (Francese, Matematica, Inglese, Storia e Geografia, Biologia).
I nostri ragazzi della Troisième (diciamo... Quarta media...) hanno rappresentato per la prima volta la nostra scuola media in un esame ufficiale.
I risultati sono stai ottimi: tutti promossi, e tutti tra i primi classificati!

Venerdì c'è stata la proclamazione ufficiale, con tanto di Prefetto, Deputato ecc.
Tutti i candidati che hanno sostenuto l'esame erano presenti.
Dei ragazzi e ragazze della nostra scuola, c'erano anche gli alunni più piccoli (avrebbero dovuto essere a scuola, ma chiuduamo un occhio!!!).
Dopo qualche discorso, il Presidente della Commissione si è congratulato ufficialmente con la nostra scuola media per gli ottimi risultati, ed ha iniziato la lettura dei nomi degli alunni promossi.
Beh... un po' di orgoglio non guasta! Il primo in assoluto è un ragazzo del nostro Collège, Gabriel Dipou. E anche il secondo classificato, e il terzo, e il quarto... fino ad esaurimento!
Alla fine siamo partiti in macchina verso la Missione, con gli alunni che cantavano in francese e inglese un canto di ringraziamento a Dio!
Erano stra-felici!
Ed io anche!

domenica 5 giugno 2011

Sorrisi bambini

Venerdì 3 giugno abbiamo fatto la festa per la chiusura delle attività del centro orfani Arc en Ciel (arcobaleno) di Bozoum.
E' il quarto anno di attività: oltre 230 bambini orfani tra i 4 e i 14 anni vengono ogni giorno qui, accolti da Suor Chiara e dagli animatori (tra i quali ci sono anche i "vice" animatori: ragazzi più grandi che, una volta usciti dal Centro, diventano aiuto per i bambini e le bambine più piccoli). Si tratta di bambini e bambine orfani, che hanno perso papà e mamma, o che sono comunque in situazione di estrema povertà. Spesso gli orfani sono accolti dagli zii o dai nonni, che però hanno grosse difficoltà a prendersene cura come si deve. Gli zii hanno gia i loro figli (e a volte gli orfani accolti diventano un po' quelli che si occupano dei lavori domestici: andare a cercare l'acqua, pulire, fare la cucina, cercare e tagliare la legna...). I nonni invece hanno già i loro problemi di salute ed economici, e fanno fatica a seguire i nipoti (in particolare per la salute e per la scuola).

Al mattino i bambini frequentano le varie scuole di Bozoum (un animatore le visita regolarmente, per seguire ogni ragazzo). Alle 12 e 30 arrivano tutti al centro per il pranzo, preparato da una delle due équipes di cuoche.

Il pomeriggio prosegue con il riordino delle stoviglie, un po' di gioco, un po' di studio, e 2-3 volte la settimana con attività manuali (disegno per i più piccoli, e apprendimento di piccoli mestieri: terracotta, confezione di reti per la pesca e per
la caccia, tessitura di stuoie, cappelli e cestini in paglia, fabbricazione di braccialetti e collane, ecc).
Nel frattempo, suor Graziana è all'infermeria, per occuparsi delle piaghe e piccoli problemi di salute (in genere malaria e parassiti, ma a volte anche AIDS e problemi più gravi...).
Per alcuni che non hanno mai frequentato la scuola, c'è la possibilità, il mattino, di seguire un corso di alfabetizzazione in 3 anni, che li prepara a rientrare nella scuola, se vogliono, o per lo meno a scrivere e far di conto...

Venerdì dunque c'è stata la chiusura delle attività annuali. Riprenderemo in settembre, con l'apertura delle scuole, anche per dare la possibilità ai bambini di dare una mano in famiglia per il lavoro dei campi.
In pomeriggio i bambini si sono sbizzarriti con scenette e danza (una locale, e una del Cameroun vicino) e giochi. I più bravi e i più assidui hanno ricevuto i loro premi...
Non potete immaginare la fierezza e l'orgoglio dei bambini! c'erano certe danzatrici di 4 anni, serissime come se fosse una prima alla Scala!

Dietro ogni sorriso, c'è tanta sofferenza, ma anche tanta speranza, e tanto lavoro.
Animatori, suore... E anche tanta generosità: sia qui, in Africa, che in Europa!
In parrocchia, ogni mese, facciamo una processione di offerte alla messa della domenica, proprio per stimolare le coscienze e sollecitare un aiuto, pur piccolo.
In Europa, in particolare grazie alla Parrocchia di Cassina Amata (Milano). Ma anche in Repubblica Ceca, senza dimenticare i tanti, piccoli e grandi, che offrono tempo, passione, preghiera e aiuto!
Che tanti sorrisi sboccino! e non solo tra i bambini!

mamme, zie, nonne e nipoti!!!

giocatori della partita di calcio

La banda! le percussioni: il tamburo è un tubo di plastica, con un nylon in cima, stretto con un caucciù. un altro tubo più piccolo (azionato dall'assistente...) permette una bella variazione del suono. Sentire per credere!

I campioni di calcio: notare i calzettoni-scarpe... un'invenzione da proporre all'Adidas!